Mandolone già liuto costruito a Padova da Vendelio Venere nel 1595.
Il mandolone era in origine un liuto e dello strumento originale conserva solo la cassa che è in 23 doghe di legno di tasso bicolore; la rosetta è in carta verde; sul piano è apposta una lastra di noce; consta di 7 tasti fissi in ottone sulla tastiera e 6 in avorio fissi sul piano, 2 capotasti in avorio, 16 piroli e 8 bottoni fermacorde pure in avorio. Presenta un piano armonico piuttosto grossolano con intarsi di madreperla, il manico ha intarsi di avorio su ebano; il cavigliere è una larga paletta dipinta in similmarmo e sormontata da una testa dorata d’angelo con ali. Comprende piano armonico, cordiera e cavigliere di sostituzione. Siamo di fronte a una di quelle etichette tagliate (cfr. altro strumento presente in Museo, inv. n.1197 con etichetta simile) che attestano l’avvenuta emancipazione di Wendelino dal suocero Leonardo Tieffenbrucker, emancipazione che dovrebbe risalire circa all’anno 1590. Prima di questa data infatti Wendelino si firmava come genero (Venere) di Leonardo Tieffenbrucker e il suo marchio a fuoco era un’ancora con le iniziali W. T.; dopo quella data, che forse coincide con la morte del suocero, egli tagliò le etichette non facendovi più figurare il nome di Leonardo e cambiò le iniziali del marchio a fuoco in W. E., forse le sue vere iniziali. La pessima usanza di trasformare antichi e pregevoli liuti in mandole o chitarre, risale alla fine del secolo XVIII e continua per tutto il secolo XIX. (Cervelli L., Brevi note sui liutai tedeschi attivi in Italia dal secolo XVI al XVIII, in “Studien zur italienischen deutschen Musikgeschchte”, V,1968, p.335; descritto anche in L. Cervelli, “La galleria armonica”, pg. 252).